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Elvis Spadoni nasce a Urbino nel 1979. Vive e lavora a Santarcangelo di Romagna.

L’artista Elvis Spadoni è stato in residenza nella sede di Areacreativa42, Casa Toesca a Rivarolo, dal 10 febbraio al 11 marzo 2018: durante questo periodo la popolazione del territorio è stata invitata più volte a visitare l’atelier ed a partecipare ai workshop.

Contemporaneamente è stata realizzata la mostra “Lo Spazio del sacro” nata dalla collaborazione tra Areacreativa42 e la Città di Cuorgnè. In occasione della mostra Elvis Spadoni ha realizzato un’opera nella ex chiesa ed il pubblico ha potuto seguirne lo stato di avanzamento fino al termine.
La mostra, curata dall’Associazione Areacreativa42 in stretto dialogo con l’artista, era  accompagnata da laboratori rivolti agli studenti delle scuole del territorio, incentrati sulla pratica del disegno della figura umana, una pratica molto importante all’interno del lavoro di Elvis Spadoni.
Le opere in mostra erano  parte di un ciclo dedicato a soggetti biblici e mitologici,  tese tra la profonda ricerca di realismo che caratterizza le figure ed il minimalismo dello spazio all’interno della tela, permeata di una luce intensa che porta a forzare i limiti sensoriali tra il visivo ed il tattile. All’interno di questo percorso artistico il concetto di sacro convive e dialoga con il concetto socio antropologico di mito come atto di fondazione della società, della cultura e dell’ordine razionale delle cose del mondo: nel mito, così come nella narrazione biblica, norme e precetti sociali trovano una propria origine, ammantandosi di un valore altro. La narrazione mitica è quindi una trasposizione, mediata dalla presenza del sacro, di istanze sociali, etiche e morali proprie della natura umana.
La pittura di Elvis Spadoni è in tal senso una pittura mitica, e l’Uomo ne è protagonista assoluto; attraverso essa l’artista riflette sulla condizione umana, affrontando momenti cruciali della vita.
Il protagonista dell’opera è però lo spazio vuoto, al quale è riservato il maggior rilievo compositivo: esso rappresenta un luogo di silenzio formale al quale siamo ammessi, un’occasione di dialogo tra l’osservatore e l’opera.

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