CHARTA è una rassegna nata dalla collaborazione fra Areacreativa42 e la Città di Rivarolo Canavese, sviluppata intorno alla produzione artistica su carta, con l’intento di svelare le diverse forme, espressioni e i linguaggi in cui questo medium può essere declinato.
Presso Villa Vallero sono allestite l’installazione site specific di Daniela Bozzetto, le opere del Collettivo Oltre Collage e i lavori su carta di una selezione di artisti italiani che hanno preso parte, nelle varie edizioni, all’Art Prize CBM nella categoria under 30.
Sono a cura di Vincenzo Gatti le mostre Wunderpapier a Casa Toesca – stampe giapponesi, incisioni e produzioni su carta tra l’artigianato e l’arte – e, nella Biblioteca Comunale “Besso Marcheis”, la raccolta di Ex Libris provenienti da collezioni private.
Il Patronato O.N.C.A. ospita due mostre pop-up della durata di un weekend: Parade con opere di tre giovani artisti del Canavese, e Silhouettes in cui il tema del corpo femminile viene indagato e interpretato attraverso le illustrazioni di Elisa Talentino e le fotografie di Chiara Lombardi.
Nella sede dell’Ufficio Turistico Proloco, ancora nella dimensione pop-up, la mostra Bestie Fantastiche di Gabriele Pino, proporrà atelier per bambini e famiglie.
Nella rassegna sono impegnati giovani studenti dell’Università di Torino e dell’Accademia Albertina che ne curano i contenuti e l’organizzazione, Giorgio Bena, Miriam Bruno, Giulia Cordò, Andrea Fenu, Federica Polla, Marco Spampinato, Elena Toffanin.
Charta è un percorso eterogeneo nell’uso del materiale, nelle tecniche e nelle visioni, che genera connessioni tra le persone, le opere d’arte e i luoghi che le ospitano.
Art Prize CBM\OFF, a cura di Karin Reisovà
Art prize CBM \OFF è una mostra a invito, a tema libero, con l’unico vincolo che venga utilizzata come supporto la carta.
Nasce dal desiderio di reincontrare gli artisti che sono stati premiati, nel corso di 9 anni e 4 edizioni, tra i partecipanti under 30 italiani del premio, ideato e organizzato da Areacreativa42. La prima edizione era partita proprio da Villa Vallero e da Casa Toesca, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Torino.
Oggi il nostro intento è quello di riflettere sul futuro del progetto, dopo il successo che ha avuto in tutte le edizioni e la dimensione internazionale che ha raggiunto.
La domanda che ci stiamo ponendo è: “Cosa serve ai giovani artisti?”
Ci siamo impegnati per molto tempo con estrema serietà nelle selezioni, nella organizzazione delle mostre e nella realizzazione dei cataloghi affinchè potessero restare a disposizione degli artisti testimonianze dell’apprezzamento del loro lavoro da parte di giurati competenti ed istituzioni ed abbiamo messo nel progetto passione ed entusiasmo.
Il Premio ha posto l’attenzione sul nostro territorio, sulla figura dell’artista ottocentesco Carlo Bonatto Minella, al quale il premio è stato dedicato e sulla possibilità di far arte in rete a partire dal Canavese e guardare oltre confine.
Gli artisti selezionati per Art Prize CBM\OFF sono Giovanni Boscarato, Valentina Ceci, Valeria Ferrero, Elisa Filomena, Valentina Grilli, Roberta Logiudice, Giacomo Menconi, Giacomo Modolo, Michele Pierpaoli, Lorenzo Pingitore, Moreno Pisapia, Erika Riehle, Leardo Sciacoviello
OltreCollage, a cura di Giorgio Bena e Andrea Fenu
Separare, frammentare e dividere per poi ricongiungere, unire, comporre: attraverso queste azioni il collage artistico crea nuovi mondi, inaspettati collegamenti semantici tra le immagini.
Grazie a questo mezzo espressivo il collettivo Oltre Collage propone visioni spaesanti, che generano cortocircuiti e insiemi paradossali: singoli elementi, appartenenti a un immaginario comune vengono espiantati dal loro contesto originario e giustapposti per creare una nuova unità di significato.
Emidio Bernardone per dar forma alle sue visioni utilizza fino all’ultimo frammento di carta, realizzando immagini complesse; Cranico, più che da un’idea, è mosso dalla sua passione per la musica e si serve di errori di stampa, creando collage anche su copertine di vinili; Franz Murtas sceglie meticolosamente ogni frammento dell’universo che va creando, senza lasciare nulla al caso, cercando nel passato la soluzione per raccontare il presente; Zeno Peduzzi porta il suo interesse verso la composizione e il rigore formale, attingendo a un immaginario retrò; Franz Samsa agisce sulle sue opere con interventi pittorici, per mezzo di inchiostri, acrilici e carboncini.
Andrea Fenu
La forza della pratica del collage è insita nella sua capacità di produrre la bellezza nell’incongruenza. Dissonanze che creano armonie, immagini che come onde si frantumano per poi ricongiungersi e dare vita a nuovi equilibri. E proprio come le onde sono il momento di sublimazione del moto incessante dei flussi marini, la cui continua contaminazione impedisce di raccontare la storia di ogni singola goccia, i collage sanno incarnare le costanti fluttuazioni della cultura visiva e il divenire dei significati delle immagini. Così non di rado icone del passato e paradigmi estetici desueti trovano nel collage una nuova energia vitale proprio grazie al dialogo tra loro e con immagini che appartengono ad universi linguistici completamente differenti.
In una società che, come la nostra, impone un costante bombardamento di immagini incoerenti fra loro, il collage si impone come uno dei linguaggi in grado di interpretare meglio lo spirito dei tempi.
Giorgio Bena
Ephemera, a cura di Giorgio Bena e Andrea Fenu
Etereo e sospeso, il lavoro di Daniela Bozzetto si trova al limite fra realtà e visione.
Una misura, un equilibrio percepibile ma comunque latente, che non si manifesta direttamente, viene espresso tramite l’uso di materiali eterogenei ed ambigui, che trasformano le opere in entità autosufficienti: l’intelletto e le emozioni vengono chiamati in causa per risolverne il significato recondito.
Andrea Fenu
/ef·fì·me·ro/: tutto quanto è transitorio di breve durata, labile, caduco.
Ancor più della carta di cui è fatta, l’installazione di Daniela Bozzetto, come il suo titolo ci ricorda, è fatta di tempo – o meglio dell’impermanenza dello stesso.
Una filosofia che si sposa perfettamente con la natura della carta e con il concetto di installazione site-specific. L’opera non è infatti un oggetto in sè solo, ma un insieme di momenti in cui il rapporto tra la materia e lo spazio si concretizza in un flusso costante di energia: il modo in cui la luce attraversa la sottile epidermide della carta e ogni impercettibile movimento che l’aria impone all’installazione compongono una trama di istanti che sono il vero segno – forse inconscio – dell’artista.
Ephemera è un costante vibrare di attimi che esistono solo per cessare di esistere, come un flebile respiro del tempo. La sua apparente inerzia e la nostra impossibilità di cogliere questo flusso vitale è un memoriale a tutti gli istanti di bellezza che abbiamo perso senza nemmeno accorgerci di aver avuto.
Giorgio Bena
Wunderpapier, a cura di Vincenzo Gatti
Il fascino del meraviglioso ha sempre sedotto l’immaginazione del collezionista: in particolare, tra manierismo e barocco era vanto, per gli amatori, destinare una stanza alle bizzarrie e alle stranezze che la natura o gli artifizi dell’intelligenza umana potevano generare. Ancor oggi si può dire che in ognuno di noi, purchè ancora dotato di propensione alla curiosità, esista una stanza segreta mentale, dove riunire gli oggetti del desiderio fantasticato.
La carta, per sua natura fragile e soggetta all’azione del tempo e degli elementi, ma al tempo stesso duttile e maneggevole ha costituito il veicolo ideale alla diffusione delle idee e delle immagini, supporto indispensabile per scrittura, stampa, espressione artistica. “Carte meravigliose” (se con questo s’intende l’incanto e la sorpresa per le forme dell’ingegno, senza limiti di categorie e di pregio, come avveniva nelle raccolte eterogenee delle “wunderkammer” storiche) possono essere appunto i giochi di carta, le carte “devote”, gli ex libris, le carte giapponesi.
Legati inizialmente al libro e alla bibliofilia, gli ex libris sono diventati vera e propria forma d’arte: oggi non si limita a definire un’appartenenza, ma racchiude nel piccolo formato imposto dalle caratteristiche peculiari del genere, quanto la creatività e la fantasia dettano all’esecutore, in rapporto al destinatario.
Di carta e cartone sono i fogli del Gioco dell’oca che, pur mantenendo la numerazione e il tipico schema a spirale dei giochi “di percorso”, ha subìto attraverso gli anni e le culture infinite variazioni, storiche, politiche, di costume. Nato, secondo alcuni, alla fine del ’500 a Firenze, e introdotto alla corte di Filippo II di Spagna, il gioco ha mantenuto nelle sue tavole un gusto spiccatamente popolare, ora allegro, ora ironico, con vivaci coloriture, in genere litografiche nell’ ’800 e nel ’900, legate al mondo delle stampe popolari e ai fogli dell’ “Imagerie d’Epinal”.
Commoventi per l’ingenua, fresca devozione che esprime la dedizione manuale, le immagini devozionali di carte ritagliate sono l’umile, ma spesso incantevole contraltare alle analoghe sontuose sacre rappresentazioni sette-ottocentesche: qui al corallo si sostituisce il nastro colorato, alle filigrane la stagnola dorata, alle madreperle la carta velina, alle cere le decalcomania. E’ il mondo dei semplici, del silenzio dei conventi poveri, della preghiera sussurrata.
Ben altro mondo, altra temperie culturale e sociale quello che ha originato le opere su carta in Giappone nel periodo Edo (1603-1867). Prodotto tipico dell’estetica “borghese” nata dalle trasformazioni sociali iniziate nel XVII secolo, fu il concetto di ukiyo ovvero “mondo fluttuante” che indica quanto di effimero, nuovo ed affascinante l’esistenza può offrire, in ogni forma ed espressione. Ukiyo-e sono le immagini stampate che rappresentano questo stile di vita, tipico delle classi medie di quel periodo: opere xilografiche sempre più raffinate e dall’accentuato cromatismo, che raggiungono i massimi livelli artistici tra 1700 e 1800 (Utamaro, Hokusai e Hiroshige gli autori più prestigiosi). Vengono rappresentate le bellezze femminili la cui sottile sensualità è evidenziata dalle linee sinuose che modellano le vesti, si ritraggono gli attori del popolarissimo teatro kabuki, la natura e il paesaggio sono raffigurati traducendo in termini grafici adesione profonda ed estatica contemplazione. Esistono poi gli shunga (immagini di primavera), stampe in cui l’erotismo più diretto ed esibito non rinuncia all’estremo decoro formale, alla cura del particolare ambientale, spesso avvolgendo le figure degli amanti nel turbine prezioso degli indumenti , finemente ed estrosamente decorati.
Il foglio stampato, in Giappone era il risultato di una rigorosa prassi esecutiva: pittore ideatore, incisore, stampatore ed editore contribuivano al prodotto finale. Il disegno fornito dal pittore veniva incollato a rovescio di una tavoletta di ciliegio, che veniva intagliata dall’incisore, lasciando in rilievo le parti utili alla stampa; terminava il lavoro lo stampatore che imprimeva sulla carta le varie matrici inchiostrate (una per ogni colore) rigorosamente a registro. L’editore si occupava infine della commercializzazione.
Linea e tono, giovandosi della virtuosistica abilità degli esecutori, sempre dialogano a comporre un linguaggio fluente, dolce e vigoroso al tempo stesso. Quando il Giappone dovrà aprirsi al mondo, le straordinarie peculiarità formali della sua arte, grazie alle stampe, verranno rapidamente conosciute, e influenzeranno fortemente l’arte occidentale, ma la freschezza dell’ispirazione sfiorirà rapidamente quasi come nel “sakura”, il rito dei ciliegi in fiore che proprio in questi giorni, ogni anno si consuma.
La consapevolezza malinconica e contemplativa della caducità delle cose è profondamente radicata nella tradizione giapponese, e l’ukiyo-e ben la rappresenta: la si ritrova nella letteratura moderna (Mishima, Tanizaki…), nella cinematografia classica del grande maestro Kurosawa e, forse con ancor più pregnanza, nei film del geniale, multiforme e picaresco Takeshi Kitano.
Ex Libris, a cura di Vincenzo Gatti
Nel Dizionario Moderno di Panzini si legge, alla voce Ex libris: “… lett. dai libri, motto latino con cui è chiamato quel cartellino che si incollava ai libri e valeva ad indicare la proprietà: da prima a penna, indi a stampa con bellissimi fregi, disegni, motti.” Era il 1905, e proprio in quegli anni, grazie anche all’interesse dell’Art Nouveau e dell’Art Dèco per la decorazione e le cosiddette arti minori, la piccola opera grafica si avviava a divenire opera d’arte, svincolandosi dal mero segnale di appartenenza riservato ai bibliofili.
“Oggi gli ex libris vengono scambiati e raccolti seguendo qualche particolare predilezione che può avere per oggetto l’artista, la professione, la tecnica d’incisione o il motivo dominante dell’immagine, comunemente definito tematica.” (Bragaglia).
Pur restando oggetto di raffinato collezionismo legato ai gusti e alle passioni dell’intestatario, sempre più spesso ora accade che l’ex libris sia dedicato ad anniversari, avvenimenti, manifestazioni, eventi. Nato poco dopo l’invenzione di Gutemberg (il primo ex libris conosciuto risale agli ultimi decenni del XV secolo, in ambito germanico), attraversa le vicende dell’incisione, percorrendo l’evoluzione delle tecniche, dall’iniziale xilografia, al bulino, all’acquaforte, alla litografia fino a giungere in tempi recenti alla stampa digitale, testimoniando così la vitalità artistica dell’invenzione e l’attualissima coesistenza di modalità “tradizionali” e sperimentali.
Per definirsi tale, l’ex libris ancor oggi deve mantenere le caratteristiche peculiari, e cioè riportare la dizione che lo caratterizza e il dedicatario, sia esso persona fisica o istituzionale, rimanendo fedele al piccolo formato, croce e delizia degli esecutori e degli amatori.
Si tratta infatti di una sfida per l’artista cimentarsi con le ridotte dimensioni e con il lettering, armonizzando scritta e figurazione e concentrando in pochi centimetri un intero mondo immaginativo. E’ responsabilità dell’osservatore riservare poi la giusta attenzione a questo prodotto dell’ingegno, sovente ridotto a semplice oggetto del desiderio collezionistico, sapendo distinguere originalità e cosciente adesione da un semplice, banale rapporto occasionale.
L’ex libris odierno ha superato limiti e confini spirituali e temporali: non é più solo sigillo egoistico di proprietà ma un mezzo artistico potente di comunicazione fra gli individui e le culture.
Parade, a cura di Elena Toffanin _ 4/5 maggio
La mostra Parade offre la possibilità di scoprire tre giovani artisti cresciuti in Canavese, entrando in contatto con una realtà artistica che nasce e si forma a pochi passi da noi.
Seguendo il fil rouge dell’intera rassegna, anche in questa occasione, la carta è il supporto attraverso cui Luca Astone, Federica Polla e Francesca Rossignoli si esprimono, offrendo interessanti riflessioni sulla contemporaneità e dimostrando differenti abilità tecniche, che dalle pratiche più tradizionali approdano ai nuovi strumenti digitali.
L’ambiente che ospita la mostra comunica con essa, uno spazio carico di storia e significato per la città di Rivarolo: sede della Società di Patronato e Mutuo Soccorso per Giovani Operaie, fondata nel 1901, promosse la formazione intellettuale e professionale delle iscritte, attraverso laboratori culturali e corsi di alfabetizzazione.
Parade è la prima mostra della rassegna ad abitare questo spazio, riprendendo un dialogo tra i giovani e la cultura che in questa sala vive da più di un secolo.
Bestie fantastiche, a cura di Giulia Cordò _ 18/19 maggio
All’interno della rassegna Charta trovano spazio le opere di Gabriele Pino, illustrazioni di Bestie Fantastiche che l’artista ha avuto modo di scovare itinerando per la penisola italiana nel corso dell’estate 2017.
Le Creature rappresentate fanno viaggiare nel tempo e nello spazio, portando l’osservatore dalle campagne piemontesi in cui si nascondono le Masche, dispettose Streghe canavesane, fino alle coste adriatiche della Puglia, dove si annidano particolari Sirene dotate di ali e zampe di uccello.
Ogni illustrazione narra una storia diversa, ma tutte raccontano la vita delle Bestie Fantastiche al giorno d’oggi: creature che sopravvivono al fatto che nessuno racconta più di loro o alle quali si crede poco; esse dunque si rintanano in campagna ed in provincia, lontano da luci e rumori forti, dove la gente riesce ancora a meravigliarsi.
Le illustrazioni sono frutto dell’unione di tradizioni orali ed invenzione personale dell’artista, che attraverso una ricerca demoetnoantropologica indaga su quei beni immateriali che sono i racconti e dà loro un volto.
I disegni permettono così di visualizzare una parte fondamentale del folclore italiano fino ad ora tramandato oralmente di generazione in generazione, fondendo società, cultura ed arte.
Dalla ricerca sul campo è nato, nel marzo 2018, “Il Bestiario d’Italia”: un testo scritto e illustrato dall’artista, aperto a tutte le generazioni e il cui scopo è far riscoprire le storie popolari, spingere ad osservare con attenzione il paese in cui viviamo e soprattutto stimolare lo scambio culturale e il dialogo con gli altri paesi del mondo, in cui altrettante creature nate dai racconti sono pronte per essere scoperte e condivise.
Silhouettes, a cura di Miriam Bruno _ 25/26 maggio
Posta in chiusura della rassegna CHARTA, Silhouettes indaga il tema del corpo femminile, legandosi alla storia del luogo che la ospita: il Patronato O.N.C.A., da più di cent’anni sensibile alla necessità di tutela e assistenza delle donne lavoratrici. Nella mostra, l’immaginario femminile viene sondato da due visioni artistiche differenti. Elisa Talentino è specializzata in stampa d’arte: le sue serigrafie vedono ritratte al centro le protagoniste, figure lievi ma ben percettibili, che giocano col vuoto. Piante ed elementi naturali le affiancano spesso: non componenti fini a sé stesse, ma scelte accurate che accompagnano la narrazione con il loro significato simbolico. La sua è una visione di leggera concretezza, un racconto del quotidiano che, sdrucito, sconfina nel meraviglioso.
Chiara Lombardi è una fotografa: le sue sono immagini di corpi femminili colti in gestualità accennate, che esplorano con delicatezza intimità nascoste ed emozioni fugaci. Sono simulazioni, raffigurazioni volte a catturare l’energia sottesa degli esseri umani, che tutti li accomuna e li distingue, rendendola percettibile, palpabile attraverso i suoi scatti. La sua visione è poetica e brutale: ritratti schietti, lirici, veri.